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“Il palatone, il pane cafone con lievito madre”

Questa ricetta di Palatone, il pane cafone con lievito madre , nasce da un regalo. Un sacchetto di farina regalatami da Salvatore Salvo l’ultima volta che, insieme a Maria, siamo andate a mangiare la pizza a San Giorgio a Cremano. Farina Caputo Verde, difficile da trovare in commercio: per questo, ancora più preziosa. E me l’ha regalata perchè in pizzeria, chiacchierando di farine, mi ha detto che voleva provare a farci il pane cafone, sul tipo di quello di San Sebastiano al Vesuvio. Io non ho risposto, non ricordo di averlo fatto almeno, ma i miei occhi devono avermi tradito…

Preparazione del Il palatone, il  pane cafone con lievito madre

Sono partita riattivando il lievito naturale: due rinfreschi nelle precedenti 48 ore. Poi, la mattina, ancora. I rinfreschi sono stati fatti con pasta acida (e acida lo era davvero, le ho dovuto pure fare un bagnetto per farle perdere la puzza ), metà del suo peso in acqua e farina manitoba (il doppio dell’acqua).

palatone

 

Tre ore prima dell’impasto, l’ultimo rinfresco: sempre le stesse quantità, ma misurando stavolta la temperatura ambiente per poi vedere in quanto tempo la pasta sarebbe raddoppiata. Per controllare, l’ho sistemata in un recipiente di vetro. Temevo peggio, due ore son bastate.

Prima di andare a letto, infine, ho preparato il poolish ( una pasta madre di consistenza liquida) mescolando l’impasto di prima con 100 gr di acqua a cui aggiungo 100 gr di farina. Coperto con pellicola trasparente è rimasto lì tutta la notte, a 24 gradi.

L’indomani mattina, autolisi più primo impasto.

Ho usato, in prima approssimazione (riservandomi di aumentare l’idratazione) 1500 gr di farina zero (caputo verde) e 1000 gr di acqua. Ho messo nell’impastatrice il poolish, ho aggiunto l’acqua e frullato brevemente. Poi ho aggiunto la farina impastando velocemente e lasciando riposare per mezz’ora.

Poi, l’impasto finale. Aggiungendo il sale, 30 gr circa, sciolto in 60 gr di acqua. E impastando  a mano. Non a lungo. Preferisco fare qualche giro di folding.

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Due parole sul folding. Una tecnica che uso per il pane ad alta idratazione, che mi permette di non lavorarlo troppo a lungo. Con risparmio di fatica e meno rischio di surriscaladare l’impasto rendendolo colloso. Impasto tutti gli ingredienti e li lascio nella ciotola, a maturare (dipende dalla ricetta. In questo caso, mi sono fermata all’autolisi).
Poi, rovescio l’impasto sul piano di lavoro e faccio le operazioni riportate qui:

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Poi, al coperto, a lievitare fino a stasera. A distanza di qualche ora l’una dall’altra, due giri di pieghe a tre. Poi, infine (dopo avere diviso la pasta in due pezzi uguali), la formatura a filone.

 

Al momento di infornare, quando il forno ha raggiunto il massimo della sua temperatura,  aiutandomi con una pala, ho trasferito il pane nel forno, sulla pietra refrattaria ormai calda. Dopo una decina di minuti, ho abbassato a 230°, poi – sempre dopo dieci minuti – a 200°. Ho portato quindi cottura, ci sono voluti circa 60 minuti, ed ho finito la cottura tenendo le pagnotta in verticale, appoggiate alla parete del forno, per una decina di minuti circa.

Il palatone, il pane cafone con lievito madre

Il palatone, il pane cafone con lievito madre

Qualche parola sulla cottura: non fidatevi delle apparenze, quando decidete che è cotto, lasciatelo cuocere almeno altri cinque minuti. Poi, bussate sulla crosta: deve fare rumore, suonando a vuoto. E poi, mettetelo di traverso a forno spento per una decina di minuti, sportello aperto.

Un’ultima cosa: sapete qual è la prova che il vostro pane è cotto a puntino? Raffreddandosi, suona. No, non è uno scherzo: si sente il rumore sottile ma continuo di piccole rotture nella crosta.
Ecco, quando succede… è poesia!

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