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“Ce la faremo, Emilia.”

Strano come certi eventi ti riportino alla mente particolari dimenticati.

Era domenica, era ora di pranzo e avevo preparato gli gnocchi alla sorrentina. E siccome questi sono più buoni da avanzati e riscaldati, ne avevo preparati di più. Da mangiare a cena.
Quel momento però non è mai arrivato, e gli gnocchi non furono mai nè scaldati nè mangiati, perché alle 19.34 del 23 novembre 1980 ci fu la fine del mondo. Prima un boato, seguito da una luce rossastra, e poi strane linee nere che si disegnavano sulle pareti. Capii solo quando cadde il primo pezzo di muro (nulla di che, un calcinaccio o poco più), un attimo prima dell’interruzione della corrente. Poi, solo polvere sassi e buio. E lo stupore: possibile che stesse succedendo proprio a me, di dover morire in quel modo, a venti anni?
Per fortuna il minuto e venti, passò e il palazzo rimase in piedi. Passammo la notte sulla spiaggia, troppi danni in casa, ancora ignari dell’ecatombe che si era scatenata a pochi passi da noi. Ma da quel momento, lo dico sempre, nella mia vita per la prima volta ci sono stati un *prima* e un *dopo*. Nulla infatti fu più come prima, per anni: è terribile capire di colpo quanto poco siamo, noi umani, davanti alla natura.
Mai avrei però pensato di rivedere, 30 anni dopo, lo stesso doloroso stupore sulla faccia della gente intorno a me, a Modena.
Di parole non ne ho, non so dire nulla, perdonatemi. Del resto, non servono, davanti ad immagini come queste.

Solo una cosa so: sarà dura, ma l’Emilia ce la farà. Troppo forte e viva questa gente per uscire sconfitta da una vicenda come questa.

Emilia, sì, ce la faremo.

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