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Il ragù napoletano

“Ragù napoletano ricetta tradizionale”

ricetta ragù napoletano

 

Premessa: da dove arriva questa ricetta del ragù napoletano

La ricetta del ragù napoletano che riporto non è mia, ma è stata postata un sacco di tempo fa nel forum di www.gennarino.org e da allora ci sono particolarmente affezionata. Insieme al sugo alla Genovese resta ancora oggi, uno dei miei piatti domenicali preferiti.

Il ragù, ‘o rraù, sono tutte variazioni sul tema di una pietanza che nasce, naturalmente, molti anni (forse secoli, per non dire di più) prima che il pomodoro si insediasse stabilmente diciamo così, al vertice delle cucine mediterranee – e napoletane in particolare.

Prima del pomodoro, il ragoût nasce nel crogiuolo della grande cucina francese borghese , ed è probabilmente una preparazione – quasi sempre a base carnea, ma non solo, molto densa, ben cotta, sugosa, piena di spezie particolarmente profumate (pepe, ma più anticamente anche cannella, chiodi di garofano ecc. ) e palpitante spesso e volentieri di fegatini e di animelle.
Forse pesante, ma lasciamo perdere, de hoc satis, è roba diversa da quella di cui parliamo. E’ molto più tardi, diciamo dalla 2° metà – fine o 800 che il ragù napoletano comincia ad avere una sua, diciamo così, fisionomia definitiva, ed assume le forme attuali molto all’inizio del secolo passato. Di fatto, come molti piatti napoletani così come li conosciamo oggi – così come tutti quelli a base di melanzane, peperoni, patate e pomodoro – è una preparazione relativamente recente.

Di ricette di ragù napoletano, ce ne sono tante che risentono dei tempi, del gusto e di una ricerca di sempre maggiore leggerezza nella preparazione (la ‘nzogna, lo strutto, per esempio, è stato di fatto del tutto soppiantato, nel tempo, dall’olio d’oliva, così come il lardo o altri condimenti animali).
Anche i tempi di cottura si sono tremendamente ridotti, dalle 5 –6 ore della preparazione originali, a direi circa la metà. La mia nonna si alzava veramente presto per cucinarlo.

La ricetta di ragù napoletano che vi dò, e che è la mia personale, è praticata nella mia famiglia, con lievi modifiche, da almeno quattro generazioni. La mamma della mia nonna, all’epoca una bambina, accolse il generale Garibaldi a Napoli. Non mi stupirebbe se qualcuno vi desse una ricetta differente: il ragù sta alla campania come il cous cous al mondo arabo: dall’Iraq alla Mauritania di variazioni sul tema ce ne sono…

Per quanto riguarda le proporzioni e il peso degli ingredienti, se volete dei dettagli, li posso dare. Per il momento godetevi la preparazione, poi vediamo.

 

Ricetta  ragù napoletano: premessa.

La ricetta ragù napoletano prevede, a differenza di quello bolognese o di altri che usano carni trite (ancorché miste) carni spezzate, più o meno grandi, a seconda dell’animale utilizzato. Io preferisco meno assortimento, ma in pezzi decisamente più grossi (massimo un paio).
Altra famiglia di ragù è quella che utilizza le braciole (involti di carne più o meno grandi, fatti con spesse fette di carne o anche con cotenna). ‘A braciola ‘e cotene è un piatto tipicissimo che, anch’esso va scomparendo. Vediamo singolarmente. Ma una volta preparate le carni, braciola o spezzato, la preparazione è analoga.

Diciamo che l’evoluzioni delle carni (sempre più tenere, sempre più magre) ha snaturato un po’ il senso originale della ricetta del ragù napoletano, che era quello di fornire un sugo assai più saporoso della carne da cui si ottiene. La carne veniva cotta fin quasi a disfarsi (quasi) e questo arrcchiva il sugo di pomodoro a discapito della carne. A me non dispiace un ragù che contemperi queste due esigenze. Comunque, in linea di massima, se si usa sola carne di bue (meglio un bovino decisamente adulto) non è necessario usare i quarti posteriori; anche un quarto anteriore va bene. L’importante è che sia un muscolo resistente alla cottura e saporoso. Ottimo lo scamone (e ci mancherebbe) ma anche pezzi assai meno nobili , spalla, biancostato, spezzato di coscia, polpaccio , annecchia (si va nell’idiomatico), “copertura “ di spalla, punta di natica ecc. ecc. Insomma carni saporite, “robuste” MAI troppo tenere. Il ragù non è un piatto economica, ma neanche troppo caro.
Si può aggiungere anche della carne di maiale (ottimo capocollo o “gallinella” – polpaccio, che tuttavia cuoce – occhio – molto prima. Tenetene conto durante la preparazione: potreste essere costretti a levarla dalla pentola anzi tempo e, mi raccomando, legatela sempre.

LA BRACIOLA
La braciola, ripetiamolo, non ha nulla a che vedere con la carne alla brace o con bistecche varie.
Si stende la fetta – abbastanza spessa – chè deve cuocere a lungo – e si spolvera di sale e pepe. All’interno si spezzetta aglio, formaggio (meglio qualche bel pezzo più vicino alla buccia – dura – del pecorino o del parmigiano. Strisce di salame, meglio se piccante, lardo – anche se, vedi sopra, non si usa più, meglio della pancetta, semmai, prezzemolo, un pizzico di noce moscata, e infine, immancabili, uva passa e pinoli (all’uva passa e pinoli ci tengo).
La fatta di carne va avvolta bene stretta e legata con filo. Con gli stuzziacadenti ci potete al massimo fermare quei ridicoli involtinucci rachitici che non raggiungono l’obiettivo.

UTENSILI
‘O rrau’ necessiterebbe di pentola a fondo spesso, l’optimum è il rame (stagnato) ma vanno bene anche l’alluminio o, perché no, la classica pentola di coccio. Sconsiglierei l’acciaio, che tende a scaldarsi troppo sul fondo. Cucchiarella di legno, please, chè il metallo m’inacidisce il sugo.

CONDIMENTI
La sugna, come si è visto, e il lardo sono stati soppiantati dall’olio di oliva. Fate vobis, utilizzate lardo fuso insieme allo strutto e all’olio (che comunque è indispensabile). Niente burro, però, che non c’azzecca proprio niente.

LA CIPOLLA
Allora chi non ama la cipolla è avvisato: nel ragù napoletano ce ne vuole tanta, ma proprio tanta. Solo cipolla, niente sedano-carota- altri aromi per il soffritto. Solo cipolla. Ottima quella ramata di Montoro. Diciamo che per un chilo di carne poco meno di un chilo di cipolla. Ricordate che più cipolla c’è, più denso e aromatico ne risulta il sugo. Alla fine si consumerà del tutto, fondendosi nella salsa di pomodoro e non lasciando traccia di sé.

ricetta ragù napoletano

Ricetta  ragù napoletano

Si rosola la carne nell’olio extravergine, a fuoco bello vivo, ma non troppo alto, magari aggiungendo un mezzo cucchiaio di strutto o di lardo (se si gradisce) fino a farle raggiungere un bel color biscotto.
A questo punto, si fa sfumare una prima volta con il vino (bianco o rosso, in fondo non fa differenza: cambierà solo un po’ il colore del sugo) . Io personalmente preferisco un bel bianco secco aromatico.
Il vino farà sciogliere la crosticina che si è formata sulla superficie della carne, sigillandola.

ricetta ragù napoletano

In questo fondo si aggiungerà la cipolla, che a fuoco moderato dovrà consumare tutta la sua acqua fino a imbiondire sempre più. Una volta che avrà raggiunto un bel colore marroncino e di consistenza assai più cremosa, si sfumerà il tutto una seconda volta, con un po’ più di vino.
La sfumatura col vino è piuttosto complicata e rischia di venir male, consiglio perciò di alzare poco la fiamma per fare in modo che l’alcool svapori immediatamente e il vino finisca con lo sciogliere di nuovo le crosticine che potrebbero essersi formate e restituirle al fondo di cottura: a questo punto la ricetta più tradizionale prevede l’aggiunta del concentrato di pomodoro sciolto in poca acqua (anche se le conserve moderne, molto più dense e consistenti, rendono inutile l’aggiunta, secondo me) che si fa andare e d addensare un po’ prima di aggiungere il sugo di pomodoro.

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Riguardo ai pomodori, io preferisco, d’inverno, utilizzare i pelati in scatola, più acquosi della passata (che rischia di addensare troppo presto il tutto e non lasciar cuocere la carne) e passarli rapidamente al passaverdura o al setaccio.
La fiamma si alza per portare il tutto a bollore e, non appena, raggiunto, si riabbassa al minimo.
Occhio: la cottura della carne probabilmente richiederà più acqua di quante ne contengono i pomodori. In tal caso bisognerà aggiungerla. La quantità è lasciata alla sensibilità dei singoli: io suggerisco di abbondare sempre.
A questo punto il ragù deve “pipiare” (splendida onomatopea) sul fuoco per tutto il tempo necessario. 3, 4 ore anche, sono tempi medio lunghi. Il “driver” è la durezza della carne e lo spessore del sugo. Alla fine, per utilizzare la frase di Eduardo, il colore dev’essere di un bel tono di palissandro scuro. E la salsa ben addensata. Prima di spegnere del il fuoco, una bella manciata di basilico fresco, da spezzettare con le dita, non con il coltello, grazie.
Il sale (o eventualmente il pepe) sono da aggiungere quasi a fine cottura, per non sbagliarsi .

Il ragù va girato, religiosamente, con la cucchiarella di legno, raccogliendo il condimento che, consumandosi il sugo poco a poco, rimane attaccato alle pareti della pentola. Pazienza, occhio ed esercizio. Non occorre molto, in fondo.

ricetta ragù napoletano

LA PASTA
La morte del ragù, come insegnano i napoletani, è la pasta col buco: tortiglioni, schiaffoni (o paccheri) ziti, mezzi ziti, quello che vi pare. No fettuccine (al limite tripolini) o spaghetti. Una bella pasta di grano duro che tenga bene il sugo. Semplicemente.
La maniera di servirlo è mettere pasta con un po’ di sugo nella capace zuppiera di ceramica (mia zia Ninina, con 6 figli famelici, ne aveva una che pareva una tinozza), e rigirare bene per poi aggiungerci in cima una bella cucchiaiata di salsa di pomodoro. Una spolverata di pecorino romano (ora di parmigiano) la ritengo indispensabile.

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