Perché parlare di un pacco di pasta, direte voi. Per tanti motivi, rispondo io: ma soprattutto perché con questa pasta io ci sono cresciuta, come tanti altri salernitani. La vecchia fabbrica era poco lontana dal mio quartiere e ci passavo davanti spessissimo: e come tutti i salernitani davanti a lei provavo una sensazione che assomigliava alla soggezione. Da quell’edificio, lo sapevo, veniva il nostro alimento quotidiano: a Salerno, infatti, era *la pasta* e quel vecchio edificio in periferia era amato per questo. E perché portava il nome di Salerno in giro per il mondo.
Per questo, per il fallimento ha tremato un’intera città. La stessa che ha gioito per il salvataggio da parte del pastificio Di Martino. E che ora, sono pronta a scommetterci, sta gioendo per questa nuova confezione che mette assieme il blu classico del pacco storico con i disegni della tipica ceramica di Vietri proprio per sottolineare il forte legame della pasta Antonio Amato con il suo territorio d’origine, Salerno e le costiere amalfitana e cilentana.
Un progetto di rilancio che non si ferma alla confezione ma che prevede molto altro: l’attivazione del mulino, investimenti in tecnologia e la realizzazione del Centro di Ricerca e Sviluppo di tutto il gruppo proprio a Salerno, nella direzione della valorizzazione del sito salernitano.
E’ inoltre allo studio,un think tank del food, per ospitare giovani provenienti da tutto il mondo, che, partendo dalla pasta possano pensare a tutte le dimensioni del food.
Infine, l’offerta di Antonio Amato d’ora in poi – oltre alla categoria della pasta di semola – “accoglierà” nel suo paniere altre specialità tipiche della Dieta Mediterranea (olio, pomodori, farine e una linea interamente dedicata al mare).
Per tutto questo, e perché la pasta Antonio Amato noi salernitani ce la portiamo nel sangue oltre che nello stomaco, non posso non essere felice di queste scelte, e del nuovo pacco che è stato scelto per rappresentare questo nuovo corso.
Anche perché – ma questo è un segreto – io questo pacco l’ho visto da luglio dell’anno scorso in anteprima e l’ho indicato (insieme a Irene) come il mio preferito tra quelli papabili. Solo, mi è toccato mantenere una promessa e tacere: e finalmente ora è arrivato il momento in cui posso dirlo… MA AVETE VISTO QUANTO E’ BELLA LA NUOVA CONFEZIONE DELLA PASTA DI SALERNO?
11 COMMENTS
Ciao Teresa, non ti chiedevo di capir tutto e non volevo polemizzare, cosa che mi pare sia parsa, la mia era una piccola riflessione proprio sul fatto che a parer mio, lo sottolineo, la scelta comunicativa non è risultata vincente, anche io ricordo le ceramiche di torrione, o il mercato della rotonda ma non vedo che legame possa esserci con la nuova immagine del pastificio.
Mi spiace sapere che nella mia Salerno i simboli che la rappresentano vengono “da fuori”, il logo di Salerno disegnato da Vignelli, il faro della giustizia realizzato da Ben Jakober e Yannick Vu anche se voluto da Achille Bonito Oliva ecc ecc, ed ora la pasta nata dall’idea di un’associazione banalotta (Salerno/ceramica).
La pasta non ha nulla a che fare con la ceramica, concettualmente e materialmente, il freddo della materia inorganica con il calore della pasta cozzano proprio.
Io sai cosa ricordo? Mia nonna che lavorava la pasta su un tavolaccio di legno non certo sulle mattonelle.
comunque queste son chiacchiere di confronto nessun attacco e nessuna polemica ma solo una piccola analisi da appassionato della materia.
ti ringrazio dell’attenzione Paolo.
Magari sarà perché le piastrelle di ceramica sono il rivestimento tipico delle cucine? Non hai pensato a questa associazione?
Infatti. La ceramica: L’ispirazione è quella. 🙂
Quando decidemmo di partecipare all’asta del fallimento Antonio Amato x l’acquisto della azienda, tra le varie persone a cui pensai , ce ne fu una, gli avevo parlato molte volte, lo stimavo e credo lui stimava me, lo conoscevo da qualche anno, non avevamo mai lavorato assieme anche se avrei voluto. Lui mi aveva dato una grande fiducia nel progetto, me ne parlava sempre, apprezzava quello che facevamo con Di Martino e con Pastificio dei Campi, ma mi parlava sempre di Antonio Amato, potenziale del Brand, popolarità, riconoscibilità, ecc ecc . Si chiama Gianfranco Siano, ha disegnato forse il più bel progetto design per food che io conosco, ” Maida” di un mio fraterno amico, Franco Vastola di Capaccio, Gianfranco è l’amministratore delegato di CBA parte di WPP la più grande azienda di comunicazione al mondo! e il Pack è figlio mio e suo, figlio di decine di conversazioni di pranzi di cene e di chiacchierate infinite, di bicchieri di buon vino e caffè e sigarette, quando decidemmo la versione finale Teresa era lì, a Salerno nella sala riunione di Antonio Amato x una visita promessa, così Irene che sorrise con uno sbrillucico negli occhi, sorrisi anche io e dissi il mio si finale . Spero piaccia ai più e se non piace a proprio tutti ce ne faremo una ragione. Gianfranco Siano è di Salerno, non tutti i migliori salernitani vivono in Salerno.
Ciao Giuseppe, ti ringrazio per l’appunto, ero certo ci fosse stata la cba dietro questo progetto o almeno erano le voci che giravano, onore al merito per il lavoro di una delle più grandi agenzie di comunicazione al mondo, ma dunque lo stupore aumenta, per quanto bello sia il nuovo packaging penso sposino male i due concetti, ma so benissimo che ve ne farete una ragione.
Conosco bene, almeno per il suo trascorso, il sig. Siano e sono un suo grande fan, non voglio certo denigrare il suo operato, ma non sempre si centra l’obiettivo soprattutto quando si interpreta un concetto e ripeto questa è una considerazione esclusivamente personale anche se sono più felice ci sia stato un concittadino dietro la nuova veste di Antonio Amato.
Fare l’avvocato del diavolo serve solo da stimolo senza arrogarsi nessun diritto o competenza di sorta ed ho espresso la mia idea, so che non tutti i “migliori” salernitani vivono a Salerno e se non sbaglio lui viene da Agropoli, luogo a me molto caro, ma questo ha poo a che vedere con il concetto espresso, ma tant’è. In bocca al lupo per il progetto.
Ps. non vedo l’ora di avere nella mia dispensa la pasta di Salerno!
Ma poi la polemica sul contenitore cosa c’entra, vedi che ho ragione! Si polemizza a prescindere, io parlerei più del contenuto che del contenitore. Ciò che ci rende i migliori al mondo è il prodotto materia prima non il packaging. Se fosse così potrebbe andar bene per Te anche una pasta cinese ma con un contenitore che a Te piace? Guarda che la pasta prima si vendeva sfusa, cosa ci fa pensare ciò? I nostri avi non erano globalizzati? No ! I nostri avi forse capivano il valore del prodotto prima che del contenitore.
Mi intrometto per dire solo che a Di Martino bisognerebbe essere grati del suo coraggio a rilanciaretcosa non facile) un marchio storico sotto il profilo del brand e della qualità. Fin da piccolo a casa mia si mangiava solo Antonio Amato, ho 47 anni, faccio il venditore nel settore alimentare, ho lavorato con pastificio f.lli federici di Amelia, sono di Frosinone e vi dico che in questa provincia era la pasta più venduta, in ogni punto vendita Antonio Amato aveva molta più visibilità sugli scaffali di altri brand che non sto a dire per rispetto. Ora che faccio la gd e la do del Lazio , vi giuro che rimpiango i tempi passati. La pasta è un prodotto fondamentale per il primo piatto, personalmente possono mettere le salse più appetitose che ci siano ma se la pasta non Mi piace non mangio il primo. Per questo ho un ricordo bello di Antonio Amato , la dispensa di casa era piena solo di questo marchio e tutti i tipi, la pasta si comprava a cartoni a casa Mia, ora lo stesso lavoro di qualità lo faccio io su mia figlia. Tutte le materie prime sono importanti, non puoi accostare l’oro con lo stagno. Bravo a Di Martino, anzi se dovesse servire un venditore, mi candido fin d’ora. Altro che nord, la pasta si mangia al centro sud e con consapevolezza della qualità. Non facciamo gli Italiani, quelli che devono distruggere anche quello che di buono c’è e viene fatto.
Ciao Teresa, è da lunedì 27 ormai che si leggono articoli sul rilancio del Pastificio Antonio Amato, da salernitano ne sono felicissimo, da consumatore curioso però, vista la propaganda che più volte sottolinea l’appartenenza del pastificio a Salerno ed ai salernitani, mi chiedo qual’è l’agenzia che ha curato la nuova immagine.
Si può svelare il mistero?
Ciao Paolo. Nessuna agenzia. È una precisa del pastificio di Martino quella di non delegare ad altri il racconto dei propri prodotti. Vale per la pasta Di martino, per il pastificio dei Campi e ora anhe per l`Antonio Amato.
Capisco, ma non si era detto di “consegnare” questo progetto ai salernitani? Queste almeno sono state le parole spese durante la presentazione, il brand manager è salernitano, gli operai anche e così il rilancio tutto, o quasi.
Per la progettazione di una nuova immagine e di un nuovo packaging non è stato delegato nulla?
Ora mi chiedo però come può uno “straniero” raccontare Salerno e le sue espressioni e tradurle in un’immagine che rappresenti il territorio.
Il sig. De Martino se ne fa un vanto della sua acquisita salernitanità ma a questo punto deduco che non crede che un salernitano possa vestire il suo prodotto.
Salerno non è la ceramica Vietrese, per quanto bella sia, né quì né all’estero.
#siamoallesolite
Onestamente, faccio fatica a capire. Non entro nel merito della scelta, dato che non lavoro – nè collaboro, e ci tengo a sottolinearlo – con il pastificio Di Martino, ma non capisco come mai più della scelta di rischiare in prima persona per salvare una fabbrica ormai destinata al fallimento pesi il fatto che – per scelta aziendale di carattere generale, che riguarda anche gli altri stabilimenti del gruppo – non ci sia affidati ad una agenzia di comunicazione. Perché questo è il punto: non si è scelto di affidarla a non salernitani ma semplicemente – come per la pasta di martino e pastificio dei campi appunto – ha scelto di fare comunicazione in prima persona. Scelta che – oltre a sembrarmi particolarmente in carattere con la persona – mi pare assolutamente vincente a livello comunicativo (almeno, in questo caso).
Salerno non sarà la ceramica di Vietri – eppure io se penso alla salerno della mia infanzia, sai cosa mi viene in mente? il mercato della rotonda, che non esiste più, e le ceramiche del lungomare di torrione – ma sicuramente con lei ha un legame fortissimo. Negarlo non capisco che senso possa avere.
Ma pazienza, non posso certo capire tutto. 🙂