In questo post, vi racconto come si prepara il migliaccio dolce, una tipica preparazione napoletana di carnevale: si prepara in pochissimi minuti, ed è talmente facile che in casa mia, ormai, lo prepara Irene. Già lo ha assaggiato l’anno scorso a Potenza a casa di Tina e se ne è innamorata. Ovviamente il mio, esattamente uguale a questo, non lo ha mai voluto mangiare. Ma si sa, le ricette delle amiche son più buone di quelle delle mamme: e allora, chiesta la ricetta a Maria, lo ha preparato subito.
Consiglio mio: se potete, lasciatelo maturare un giorno o due prima di assaggiarlo. Il migliaccio è come la pastiera, dopo un leggero riposo dà il meglio di sè. Sia a livello di sapore, che di profumi. Per non parlare dell’umidità che affiora in superficie e scioglie lo zucchero a velo, formando una crosticina umida e profumata che dà al migliaccio quel tocco in grado di renderlo unico, pur nella sua semplicità.
Ma basta chiacchiere e passiamo a racconto di come si prepara il migliaccio dolce. Le dosi qui indicate sono per due: uno di 24 cm di diametro, l’altro più piccolo perfetto per un assaggio al volo.
Prima di tutto, la base di semolino:
180 g di semola
750 g di latte con 1 bacca di vaniglia
un pizzico di sale
Cuocere fino all’ebollizione ed ancora per 3-4 minuti mescolando con una frusta metallica
Poi, l’aggiunta degli altri ingredienti:
Quando il composto è ancora tiepido aggiungere
350 g zucchero
60 g burro
Infine:
Quando sarà freddo, sempre mescolando con la frusta, aggiungere
5 uova
500 g ricotta romana
100 g di cedro a cubetti
1 fialetta di millefiori
1 buccia di arancia grattugiata
½ tazzina di rum per pasticceria
Infornare a 170° C per ¾ d’ora circa in una teglia da 24 cm foderata con carta forno e l’impasto che avanzerà in una teglietta piccola (oppure usare una sola teglia più grande).
Una volta pronto, cospargere di zucchero a velo.
16 COMMENTS
miiiii, un commento quattro anni dopo!!! Peggio di Flickr 😀
Allora, ieri, dico solo ieri, mi sono accorto che esiste il migliaccio e sono letteralmente corso in cucina (prima alla Coop) a farne uno. La tua versione col mais mi intriga più che quella con la semola e quella ho fatto. Avevo della favolosa farina di mais bianca, del Veneto,, purtroppo solo Fioretto. Ho scoperto dopo che sarebbe stata meglio una farina a grana grossa, magari quella di Storo. Ne ho fatta una delle mie, ma non me ne pento: ci ho messo l’uvetta!! E lo rifarò!! 😀
Per la prossima che farò, (questa sera, non perdiamo tempo) metterò un totale di due etti di zucchero che quei trecento mi hanno lasciato il forte desiderio di un campari soda.
Adesso però, a te, vorrei chiedere il motivo della crema pasticcera (senza la i, me sta antipatica): dimmi, cosa esattamente aggiunge visto che gli stessi ingredienti possono comunque andare tutti nel mappazzone finale? A questo punto, io, ereticamente, toglierei la massa di amido e la sostituirei, a compenso, col doppio di farina di mais. Poi relaziono eh
Come vedi, in ritardo anche io, altro che Flickr!
sulla tua domanda, io credo che l’aggiunta della crema serva a dare appunto cremosità, come nel caso della pastiera a doppia crema. La differenza non è tanto nel tipo di ingredienti, quanto nella cottura preliminare a temperatura più bassa. Se li metti dentro, la temperatura di cottura è quella del forno, e la consistenza finale cambia. Questo non vuol dire che sia meno buono, probabilmente, ma semplicemente diverso. Per esempio, nel caso della pastiera, io preferisc quella senza crema: in questo caso potrebbe però disturbarmi la granulosità del semolino visto che – di mio – non amo neanzhe la polenta.
Che ne pensi?
Eh, noi che siamo nordici solo rispetto ai tunisini, la polenta la capiamo poco, ciononostante la farina di mais, nelle sue molteplici varianti, ha il suo interesse. Credo di capire che tu usi la fioretto, finissima. Io ne ho anche una bianca, veneta ancora piu fine ma guarda guarda a me piace la granulosità
😀 . Neanche io metto la crema nella pastiera e mi piace, di nuovo, la granulosità data dal grano. Come dissi, l’ho rifatta stravolgendo un pò le cose, non ho fatto la crema pasticcera, ma ho rispettato i pesi degli ingredienti, a parte lo zucchero che ho ridotto a 2/3. Non facendo la crema ho potuto aumentare il mais che ha voluto più latte.
L’ultima eretica modifica (si sa che sono uno sfacciato sperimentatore) è stata di montare a neve le chiare. L’ho un po’ stravolta, si, lo so, ma la cucina è stata un po’ cambiata in tutte le epoche e da tutti i cuochi, così anche io faccio la mia parte in nome del progresso. 😀 😀
IO dico che mi sarei meritata la foto… 😛
E’ vero che te la saresti meritata ma io sono diventato molto restio a fotografare i piatti. Porta pazienza 🙂
buonissimo…lo preparo oggi!
Io questo dolce non lo conoscevo ma mi sembre da provare assolutamente! Deve essere molto buono!
Questa faccia non mi è nuova. Buono è?
mi garba, lo proverò volentieri…dopo un periodo di astinenza da dolci: ultimamente ho fatto un po’ troppi esperimenti (ben riusciti, essì)
Condivido quello che dice Assunta, chi lo ha detto che si mangia solo a carnevale? io l’ho mangiato a Pasqua l’anno scorso… bella questa ricetta, complimenti alla baby-chef!
eccolo!
anche se ho il virus gastrointest a farmi compagnia, me lo segno per farlo quando saranno giunti momenti migliori, carnevale o non carnevale!
😉
un pò diversa dalla mia versione, ma concordo nella “maturazione”!
Devo assolutamente rifare il migliaccio. Questi giorni mi sono imbattuta in una ricetta migliore dell’altra. Anche la tua è deliziosa!!! La farò… fuori carnevale!!!
Cioa Teresa,
scrivo per dire che io “esco pazz! per il migliaccio e prossimamente , carnevale o nom, sarà sulla mia tavola!
Secondo, perchè volevo lasciare un segno di passaggio su questo bel sito …anche se ancora in costruzione!
ps ti seguo!
Splendida la tua versione Teresa, ho deciso di provarla! :-)….chi l’ha detto che si prepara e si mangia solo a carnevale?? 😉
Buonissimo!!!