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“Come si prepara il ragù alla bolognese: le regole da seguire”

ricetta del ragù alla bolognese

 

Il ragù alla bolognese è una delle ricette italiane più famose nel mondo e anche più bistrattate.  Eppure sono poche le regole da seguire, e neanche tanto difficili. La ricetta, quella originale, l’ho già pubblicata. Ora mi limito a sottolineare i passaggi importanti di questa preparazione.

Innanzitutto, il primo punto: la scelta degli ingredienti. Il principale, ovviamente, la carne. Siete tra quelli che andate in macelleria e comprate del macinato bello magro per il ragù? Niente di più sbagliato: se la carne è troppo magra e pulita, il ragù non viene bene.  Occorre una carne diversa, non di primo taglio: non è necessario che sia grassa, anzi, ma deve essere ricca di tessuto connettivo. Quella indicata dalla ricetta originale è il taglio che a Bologna viene chiamato cartella (il diaframma, nel caso il vostro macellaio non lo conosca). Se non lo trovate, un’ottima alternativa è data dal guanciale: ottimo, per le lunghe cottura come i ragù.

Detto questo, fatevela pure macinare dal vostro macellaio: ma in maniera grossolana, assolutamente vietato farla passare due volte come fa qualcuno nella speranza di ottenre un ragù più delicato e morbido. La morbidezza viene, appunto, dalla carne giusta e dalla lunga cottura. Non certo dalla macinatura.

Se avete poi la fortuna di avere un bravo macellaio – merce rara ormai – prima di farvi macinare la carne, fatevi macinare un po’ di pancetta fresca. Questa è ottima come base per il soffritto, assieme ad un goccio di olio.

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Altra regola fondamentale: la verdura non va soffritta insieme alla carne ma in tempi separati. In questo modo, sia carne che verdure saranno soffritte in maniera ottimale (bassa temperatura e tempi lunghi per le verdure, il contrario per la carne). Si inizia mettendo in padella la pancetta con un po’ di olio: il grasso di cottura del soffritto sarà quello della pancetta, fuso a calore moderato e solo aiutato da un cucchiaio di olio.  Quando il grasso è diventato trasparente, si aggiunge la verdura e il sale grosso, e si fa soffriggere a fuoco lento senza fretta. Ricordate che un buon soffritto non dura mai meno di venti minuti (ma se dura di più è anche meglio).

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Un aspetto spesso sottovalutato: quale pentola?
Non so se ci avete mai pensato ma le preparazioni come il ragù non gradiscono alluminio o acciaio. Occorre materiale spesso e pesante, in grado di accumulare calore per sfruttarlo al meglio con la fiamma bassa. Non è necessario spendere un capitale, non proccupatevi: certo, le nuove pentole in ghisa sono bellissime ma se non sono alla vostra portata  – alla mia no di sicuro – accontentatevi pure di una di coccio. Basso costo e massima soddisfazione, garantito.

Per cui, soffriggete pure in padella. Io consiglio: prima la verdura. Una volta pronta (non abbiate fretta, ricordatelo: un buon soffritto richiede di norma 30 minuti: se non ci credete, provate una volta e vi accorgerete della differenza) mettetela nel tegame. Poi soffriggete la carne. Una volta che anche questa è pronta, passate anche qeusta in tegame e deglassate il fondo della padella. Cioè versate mezzo bicchiere di vino e con una spatola di legno grattate via il fondo lasciato dalla rosolatura precedente e fatelo sciogliere nel vino. Ripulite in questo modo la padella e poi aggiungete questo vino al ragù. Certo, potete anche non farlo: ma in questo modo buttate via buona parte del sapore.

Il concentrato di pomodoro: un ingrediente assolutamente obbligatorio.
Senza questo, ricordatelo, non è vero ragù.  Scioglietelo in liquido caldo (se avete brodo è meglio, se no accontentatevi pure di acqua) e aggiungetelo. Mescolate bene e iniziate la cottura a fuoco normale. Non appena il ragù inizia a sobollire, abbassate pure al minimo e mantenete questa fiamma fino alla fine. Dettaglio importante: i ragù deve concentrarsi piano piano: per cui sì al coperchio ma lasciato in fessura con un cucchiaio di legno. Che mantenga insomma l’umidità all’interno del tegame, consentendo nel contempo una sua parziale evaporazione.

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Dettaglio finale: senza latte non è ragù. Unica eccezione consentita, la panna. Ovviamente la quantità di questa varia a seconda della quantità di carne: meglio non esagerare, secondo me: al massimo un paio di cucchiai per mezzo chilo di carne. In ogni caso, FRESCA: quella UHT lasciatela pure sugli scaffali. Dimenticavo: se usate panna, aggiungetela alla fine, dopo che avrete portato a cottura con brodo (ovviamente, in questo caso, no latte).

Infine: le spezie.  Anche qui, una nota di sapore spesso sottovalutata. Al pepe, infatti ci arrivano tutti, ma chi non è emiliano trascura spesso il tocco fondamentale: la noce moscata. Senza esagerare, ovviamente, ma non dimenticate questa aggiunta finale. Solo coì potrete dire di stare mangiando un ragù emiliano doc!

 

 

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