Come si prepara il soffritto per il ragù è faccenda decisamente facile da spiegare. Sembrano quisquiglie eppure fanno la differenza. Soprattutto nel ragù, come quello di guancia di manzo che ho preparato ieri. Uno dei miei taglia di carne preferiti per le lunghe cottura: se cotto come si deve, si scioglie in bocca quasi fosse una morbida gelatina. Per non parlare poi del sapore che rilascia al sugo: una nota di carne assolutamente potente, che completa in bellezza il gusto di una buona pasta. La mia preferita per questo piatto? I paccheri: spessi e callosi, capaci di mantenere una loro identità anche se accompagnati al gusto tanto marcato di un simile ragù. Per non parlare poi dei due vantaggi di questa preparazione che contribuiscono a rendermela particolarmente amata: primo, il prezzo- qui a Modena, perlomeno, la guancia è carne di seconda scelta per cui il prezzo è più basso di altri tagli. Secondo, la facilità di preparazione: importante è solo il tempo. Ore e ore di cottura (almeno 5-6), che riempiono la casa di una coccola profumata – non so a voi ma per ime il profumo di ragù in cottura sa di *mamma* e coccole, di domeniche in famiglia, di ricordi di situazioni purtroppo destinate a non tornare – e rendono piacevole persino la noia delle pulizie.
Semplicissimo, dicevo. Ma con una premessa: il soffritto, che va fatto a regola d’arte. Cosa che per me vuol dire una cosa ben precisa: va fatto in due tempi. La verdura rosola bene infatti a fiamma bassa. La carne, invece, vuole fiamma alta. Allora il punto è: come si fa a non far bruciare la cipolla?
Io, ho risolto così.
Riduco in dadolata minuta le verdure (le solite: cipolla, carota, sedano) poi le metto in un tegame (di solito di coccio) con olio e.v.o. e sale grosso.
Inizio quindi a stufare la verdura a fuoco lento e poi alzo la fiamma, fino a soffriggere bene (in totale, per un buon soffritto ci vogliono MINIMO venti minuti, secondo me.)
Una volta pronto il soffritto lo tiro via e lo metto da parte e inizio con la carne. Rosolo, a fuoco vivace stavolta, e aggiungo del buon vino. Una volta evaporato, aggiungo il soffritto di verdure.
E infine, la passata di pomodoro pelato. Buono e campano: che come ho già raccontato mi faccio arrivare a casa, pagandolo persino meno di quello di marca del super.
E porto a cottura, a fuoco molto ma molto basso. Aggiungendo, durante la cottura del buon brodo caldo – quando ce l’ho d’avanzo – o acqua bollente.
Pregustandomi i paccheri, che so che stanno per arrivare.
5 COMMENTS
una coccola, l’attesa di un piatto che all’apparenza è semplice ma ci vuole amore per farlo e per apprezzarlo.Beh ti sei consolata bene lo stesso!
wow! Che meraviglia!
Ho una curiosità, com è la pentola di coccio per la rosolatura, cioè la carne di colora come nelle altre pentole?
Te possino!! 😀 Complimenti no, con te proprio non ce la faccio, ma i te possino quanti ne vuoi! 😀
Questo piu’ che un ragu’ è un capolavoro, dove l’attesa ricompensa ampiamente i sensi. Come dico sempre…. ci vuole amore, tempo e volontà per tirar fuori piatti del genere. Complimenti Teresa . Un abbraccio,Peppe.
Ciao Teresa, questo è un soffritto e un ragù a regola d’arte, di cui immagino il profumo. Il profumo che veniva dalla cucina di mia Nonna quando ero bambina, e il profumo dei buonissimi sughi di mia Mamma, che però ormai fa sempre più di rado. Quei sughi che bollono per qualche ora e si stringono su se stessi, riempiendo la casa di un profumo indescrivibile.
Io per ragioni di leggerezza, soffriggo solo nelle occasioni speciali, ma adoro ogni tanto mangiare un buon sugo fatto come si deve.
Mi hai fatto venir fame!
Ti mando un bacione Teresa, a presto 🙂